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Introduzione alla polvere combustibile

Di Koen Oostvogels, ingegnere per lo sviluppo di applicazioni presso Donaldson

La polvere volatile creata dai diversi processi produttivi non costituisce un semplice problema di pulizia. Una volta che tali particelle si sono depositate in punti difficilmente raggiungibili, qualsiasi disturbo successivo potrebbe produrre una nuvola di polvere potenzialmente esplosiva.

L'istituzione di un piano di mitigazione sarà dunque richiesta da gran parte degli impianti, compresi tutti quelli che normalmente non sarebbero stati considerati "pericolosi". Oltre a studiare i requisiti legislativi della propria regione, ridurre la probabilità di un incidente è il miglior passo possibile e lo si realizza rispondendo inizialmente al quesito: "La mia polvere è effettivamente combustibile?".

Tuttavia, non è così semplice come potrebbe sembrare. In pochi fumerebbero una sigaretta durante il rifornimento alla propria auto, ma molti non si farebbero problemi ad accenderne una durante una pausa dai lavori di ristrutturazione edile che hanno prodotto segatura in abbondanza.

Qualsiasi materiale fine che possa prendere fuoco se mescolato con l'aria costituisce un potenziale rischio. Gli esempi includono la maggior parte dei materiali organici solidi (zucchero, farina, legno, eccetera) e metalli, ma non solo. Difatti, anche la polvere di alluminio parzialmente ossidata, generata dal taglio al plasma, può essere considerata esplosiva in determinate circostanze: soltanto un'adeguata valutazione del rischio può rappresentare una rassicurazione.

L'invio di un campione di polvere a un laboratorio qualificato è un buon punto di partenza. Se ne viene dimostrata la combustibilità, ulteriori test ne determineranno l'eventuale esplosività, la velocità di manifestazione e la quantità di forza in grado di trasportare. Tali informazioni aiuteranno a indirizzare la selezione delle attrezzature necessarie per mitigare il pericolo.

Il pentagono dell'esplosione: strategie di gestione del rischio

Se la gestione di uno o più tra ossigeno, calore e combustibile del ben noto triangolo del fuoco può ridurre il rischio di incendio, le strategie di gestione del rischio di esplosione devono considerare altri due elementi. La dispersione e il confinamento della polvere producono il pentagono dell'esplosione e potrebbero richiedere una strategia differente per affrontare eventuali rischi di un'ulteriore esplosione.

L'elemento combustibile del pentagono dell'esplosione è la nube di polvere finemente dispersa. Come regola generale, una nuvola abbastanza densa da impedire la vista della propria mano o, in termini più pratici, uno strato di polvere di appena 0,5 mm sarebbe considerato un rischio. Tuttavia, proprio come il gas propano è pericoloso soltanto in volumi di concentrazione tra l'1,8 e l'8,4% dispersi nell'aria, la dimensione delle particelle è un fattore chiave. I documenti dell'Istituto tedesco per la sicurezza e la salute sul lavoro1 descrivono i risultati dei test su una varietà di campioni di polvere, incluse la dimensione delle particelle e la concentrazione necessaria per consentire la combustione.

La segatura, ad esempio, rappresenta generalmente un rischio solo quando inferiore a 63 micron (più fine è la polvere, maggiore è la superficie di reazione con l'ossigeno) e in una concentrazione maggiore di 30 g/m3. Quindi, supponiamo che il fumatore di cui abbiamo parlato prima abbia lavorato in una stanza di 150 m3 e che ci sia uno strato di polvere di 0,5 mm su un pavimento di2 50 m. Ciò si tradurrebbe in 0,025 m3 di polvere e, a una densità tipica di 600 kg/m3, equivarrebbe a 15 kg; in caso di dispersione nell'aria, la concentrazione di polvere prodotta sarebbe pari a 100 g/m,3 creando un evidente pericolo.

Conoscere le proprietà della propria polvere è di primaria importanza. Dovrebbero essere testati tre parametri principali, il primo dei quali è Pmax, vale a dire la pressione massima raggiungibile in base alla granulometria. Il successivo parametro è la velocità con cui si registra l'aumento di pressione, tenendo presente che varierà in base al volume della stanza o del recipiente. Moltiplicando l'aumento della pressione per il volume si ottiene Kst, che consente di standardizzare la velocità di aumento della pressione e definire quattro categorie di rischio: da St0 (nessuna esplosione) a St3 (esplosione molto forte). È opportuno notare, però, che un'esplosione St1 più debole non è meno pericolosa di una di categoria St3.

L'ultimo parametro principale riguarda la conoscenza della quantità minima richiesta di energia di accensione, il che consentirà una gestione più sicura. Altri parametri includono la temperatura di incandescenza, la conduzione della polvere e l'eventualità di un'autoaccensione. Tutti questi fattori sono molto specifici per una particolare polvere generata in uno specifico processo, pertanto è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista.

Pianificazione per la sicurezza

Una volta determinata la combustibilità della polvere, è possibile sviluppare un piano per mitigare i rischi nel proprio processo. In primo luogo, sebbene una buona pulizia rappresenti soltanto una soluzione parziale, è necessario controllare il proprio processo per identificare i punti dove viene generata, rilasciata o accumulata polvere fastidiosa e gestirla. Questi punti includono spesso luoghi di aspirazione e miscelazione, posizioni di scaricamento dei sacchi, stazioni di saldatura o taglio, travi e dispositivi di illuminazione. In ogni sede, è bene analizzare i processi produttivi, le pratiche di pulizia, le misure di controllo delle polveri e le potenziali fonti di innesco presenti.

In aggiunta, è opportuno tenere presente che quando la polvere si accumula in più punti, un fronte di fiamma può generare un'onda di pressione che scaturisce una reazione a catena: ciò comporta lo spostamento e l'alimentazione di una quantità maggiore di polvere nell'edificio, come successo durante la famigerata esplosione dell'impianto dell'Imperial Sugar², che causò la morte di 14 persone. Inoltre, un recipiente presumibilmente vuoto è generalmente più pericoloso di un recipiente pieno, quindi, ad esempio, l'apertura di un portello di ispezione su un silo può far sì che i depositi persistenti sulle sporgenze si disperdano nell'aria e aumentino il rischio.

Anche le attrezzature impiegate per mitigare il problema possono essere una fonte di pericolo, con i collettori di polveri responsabili del 30% di tali esplosioni. Persino la pulizia del materiale filtrante o lo svuotamento dei bidoni delle polveri possono generare localmente nuvole di polveri pericolose.

Molti standard e codici possono influenzare le decisioni sul controllo delle polveri, comprese le normative locali, statali ed europee. È fondamentale conoscere le normative che si applicano al proprio impianto e i responsabili dei processi devono sempre essere aggiornati sui requisiti normativi della loro area di competenza.

Dal luglio 2003, sono entrate in vigore due direttive emanate dall'Unione europea, la 1999/92/CE e la 2014/34/UE (direttive ATEX), relative alla protezione dei dipendenti e delle attrezzature dai rischi correlati alle atmosfere potenzialmente esplosive.

Tali direttive chiariscono che la responsabilità della valutazione dei rischi e della creazione di un documento di protezione contro le esplosioni è a carico del datore di lavoro/proprietario del processo. I proprietari del processo sono responsabili di selezionare la propria strategia di gestione dei materiali combustibili e di garantire la conformità a tutti i codici e gli standard applicabili.

Vantando un'esperienza decennale nella fornitura di collettori di polveri di qualità elevata, ormai parte integrante delle strategie di mitigazione delle polveri combustibili di molti impianti, Donaldson può aiutare a rivedere tali strategie e a fornire la soluzione ottimale per la raccolta delle polveri in linea con il piano da perseguire.

Possiamo aiutarti a ottenere la soluzione ottimale per la tua applicazione.

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